Serie di burattini, per rappresentazioni nel contesto dello spettacolo viaggiante, teatro di figura o “dei legni”, STRUMENTI E ACCESSORI/ LUDICI

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Serie di burattini, per rappresentazioni nel contesto dello spettacolo viaggiante, teatro di figura o “dei legni”, bene complesso/ serie
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Serie di burattini, per rappresentazioni nel contesto dello spettacolo viaggiante, teatro di figura o “dei legni”, STRUMENTI E ACCESSORI/ LUDICI 
Serie composta da otto burattini con testa e mani in legno scolpito e dipinto, rappresentanti diversi personaggi: Arlecchino, Pierrot/Pedrolino, Cacciatore, Re, Moro, Gioppino, Nonna, Carabiniere. Ogni burattino presenta una veste in materiale similpelle per infilare la mano dell’operatore e permettergli di animare testa e mani, la veste è coperta da abiti e indumenti di vario tipo caratterizzanti i diversi personaggi. Tutte le mani dei diversi burattini sono piatte, in legno scolpito e dipinto. Arlecchino presenta un abito di stoffa a rombi colorati sulla parte anteriore e monocolore bianco su quella posteriore con colletto bianco in organza. Calza un cappello removibile in cartapesta bianco con pois rosso. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri. La maschera nera, anch’essa dipinta, copre il volto dal naso fino alla parte frontale e parietale. Pierrot/Pedrolino presenta un vestito in stoffa chiara a pois multicolore con un colletto dorato. Calza un cappello conico dorato in cartapesta removibile. La testa in legno è scolpita e dipinta, guance rubiconde, labbra rosso vivo, capelli dipinti e portati con riga da un lato, occhi azzurri. Il Cacciatore presenta una serie di indumenti: vestito in velluto marrone che sulla parte anteriore richiama una giacca, jabot verde, colletto di camicia bianca. Calza un cappello in cartapesta verde removibile. Porta in spalla un fucile in legno scolpito e dipinto con l’aggiunta di una cinghia in cuoio. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi marroni, baffi scuri a manubrio scolpiti e dipinti come pure i capelli. Il Re presenta una serie di indumenti: vestito di colore chiaro, colletto vistoso con pizzo e diadema applicato, mantello di velluto verde scuro con bordo di passamaneria color oro. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, baffi scuri a manubrio, capelli e una corona dorata sempre in legno scolpita e fissa. Il Moro presenta un abito di cotone nero con leggera riga bianca, sulla parte anteriore vi è un inserto bianco, in velluto, per simulare un gilet a due bottoni. Papillon rosso. Il vestito è legato alla testa solo nella parte posteriore del burattino tramite il papillon. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi scuri, volto nero, labbra carnose e rosso vivo. Le mani sono dipinte di nero. Gioppino presenta una serie di indumenti: vestito con sfondo chiaro e sottili righe di vario colore, inserto anteriore per simulare un gilet a due bottoni di colore grigio. Sciarpa al collo sul rosso con disegni e cappello in cartapesta removibile. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, presenta la caratteristica distintiva della maschera, ovvero tre gozzi sotto al mento. La Nonna presenta un vestito color marrone, con un pezzo di stoffa bianca applicato sul davanti per richiamare un grembiule, scialle in tessuto a rete (tipo veletta da cappello). La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, bocca in evidenza socchiusa e rosso vivo, naso pronunciato, capelli scuri scolpiti e acconciati con uno chignon, solchi profondi per evidenziare le rughe. Il Carabiniere presenta un abito che richiama diversi elementi della divisa dell’Arma con uno stile compatibile alla datazione del burattino. In panno scuro, nero, con la parte anteriore che richiama la giacca con doppia fila di bottoni applicati, colletto di camicia bianca. Cordellerie varie, mostrine, bandoliera in cuoio bianco. Il tipico copricapo, la lucerna, ha un pennacchio rosso, coccarda tricolore e fiamma simbolo dell’Arma. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi marroni, baffi a manubrio scuri 
Serie di burattini (per rappresentazioni nel contesto dello spettacolo viaggiante, teatro di figura o “dei legni”, bene complesso/ serie) 
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Burattino rappresentante il personaggio di Arlecchino ; Burattino rappresentante il personaggio di Pierrot/Pedrolino ; Burattino rappresentante il personaggio del Cacciatore ; Burattino rappresentante il personaggio del Re ; Burattino rappresentante il personaggio del Moro ; Burattino rappresentante il personaggio di Gioppino ; Burattino rappresentante il personaggio della Nonna o donna anziana ; Burattino rappresentante il personaggio del Carabiniere 
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Confrontando alcuni testi scritti si desume che l’etimologia del nome burattino non è stata chiarita in modo univoco. Intorno al Cinquecento, fu presumibilmente assegnato a uno “Zanni” della Commedia dell’Arte: il personaggio del servo furbo, sciocco o burlone a seconda del copione. Il nome, a sua volta, derivava probabilmente dal mestiere dei setacciatori (abburattatori) di farina con i loro movimenti scomposti, ripetitivi. Il termine buratto inoltre indicava un tipo di tessuto composto da una trama di fili molto robusti usato proprio per setacciare la farina per cui alcune fonti legano il termine burattino con la stoffa della veste/camiciotto che lo compone e nasconde la mano dell’operatore. Altre fonti invece segnalano che buratto è anche il nome che identificava una figura in legno presente nelle quintane. Le fonti concordano nell’affermare che le origini dell’uso dei burattini sono molto antiche, alcune citano che in Asia nel VIII secolo vi era la presenza di spettacoli con fantocci simili a burattini e convengono anche nel sottolineare l’uso di fantocci in vari rituali religiosi come simulacri, mossi in vario modo, per rafforzare il processo di fede. Nel Medioevo le fiere mercantili erano caratterizzate dalla presenza di venditori, questuanti, ciarlatani, giullari, suonatori, imbonitori, etc…Molti di loro attiravano il pubblico con battute, pantomime, scenette e tendevano a farsi identificare in modo univoco anche attraverso l’uso di burattini come richiamo pubblicitario. La costruzione di veri e propri “personaggi” è probabilmente legata alla nascita di maschere con tratti e linguaggio peculiari che sono poi confluite nel 1500 nella Commedia dell’Arte. Quest’ultima e il teatro cosiddetto “dei legni” hanno coesistito e si sono influenzati reciprocamente fino a quando la Commedia intraprese la strada di un teatro più istituzionalizzato (riforma goldoniana). Una rara testimonianza iconografica dell’esistenza dello spettacolo di burattini nel periodo medioevale è una miniatura fiamminga trecentesca di Jehan de Grise, dove si notato alcuni elementi rimasti praticamente immutati: la presenza di un teatrino, con ai lati due piccole torri che ne delimitavano lo spazio scenico e che probabilmente sono all’origine del termine “castello”, spesso utilizzato anche oggi per indicare la struttura che ospita il teatro di burattini; due personaggi che si affrontano sulla scena, uno dei quali ha in mano un bastone (le famose bastonate sulla testa che caratterizzano molti copioni). Sempre riguardo alla pratica del teatro di burattini si cita un documento del 1660 attestante che un burattinaio di nome Domenico Segala chiedeva il permesso di usare delle “figurine di legno” nella Sala delle Gride a Reggio Emilia. Un altro aspetto che emerge dalle diverse fonti è la netta distinzione tra burattini e marionette. Si tratta di due rappresentazioni teatrali molto diverse: nello specifico, per quanto riguarda i burattini, le rappresentazioni sono in chiave grottesca, la realtà viene molto esasperata, il luogo privilegiato per le rappresentazioni è la piazza, il pubblico è popolare composto da adulti e bambini. Il burattino inoltre non rispecchia in modo realistico la figura umana, non ha gambe, non ha piedi, la testa è il punto focale, il corpo è in stoffa e le mani sono piatte. Il burattinaio è posizionato nella baracca (castello, casotto), nascosto da un telo e muove i burattini al di sopra della sua testa infilando la mano nella veste, il rapporto con il fantoccio è, fisicamente, molto stretto. Il burattino possiede pochi e chiari tratti caratteristici che ne consentono l'identificazione (es. i diavoli avranno la veste completamente rossa) e qualche accessorio che ne garantisca la facile riconoscibilità (es. la corona per il re). Le scenografie sono semplici, facili da allestire e trasportare. Uno o due operatori potevano sostenere l’intera rappresentazione. Una caratteristica di quest’ultima è proprio la scelta di comunicare al pubblico in modo spontaneo, molto diretto, spesso in dialetto, seguendo un canovaccio elastico con frequenti improvvisazioni e scambi di battute e interazioni con il pubblico. Si rappresentavano vicende di vita quotidiana, fatti di cronaca, si poteva criticare con ironia o ridicolizzare le classi egemoni dell’epoca e rifarsi “simbolicamente” dei soprusi e delle angherie dei prepotenti a colpi di “bastonate” sulla testa. La facilità con cui era possibile allestire e smantellare un teatrino mobile permetteva ai burattinai di spostarsi facilmente e di evitare anche controlli o censure sui contenuti dei loro spettacoli, spesso poco lusinghieri e rispettosi dell’autorità vigente. Il burattinaio era poliedrico: attore, scenografo, costumista, scriveva i copioni, montava e smontava ma era una presenza invisibile, nascosta alla vista, durante la rappresentazione. Per tutto il Settecento lo spettacolo di burattini si diffonde e si arricchisce. In Italia l’invasione napoleonica ha costituito il punto di avvio di un rinnovamento del teatro italiano, coinvolgendone tutti i generi, quindi anche il teatro di figura: si svilupparono maschere con connotazioni regionali (ad esempio Faggiolino), i repertori si arricchirono, molti testi di letteratura, dal melodramma, dalla Bibbia e dalla Commedia dell’Arte furono adattati. L’Ottocento fu un periodo di successo, di sviluppo e di diffusione del teatro di burattini con un alto numero di compagnie girovaghe operanti sul territorio italiano (circa settecento). Nacquero burattinai e dinastie familiari molto note. I burattinai inventavano sempre nuovi personaggi che diventavano famosi in breve tempo (come Sandrone). Questa forma teatrale entrò in crisi nel Novecento quando varie innovazioni nel campo dell’intrattenimento popolare, come il cinema o la televisione, resero l’attività delle compagnie sempre più difficile e le rappresentazioni iniziarono a rivolgersi verso un pubblico quasi esclusivamente di bambini, quindi gli aspetti di critica e satira legate a vicende storiche e politiche scemarono con il tempo. Oggi sono molto poche le compagnie italiane che ancora portano avanti il teatro di burattini, si citano, ad esempio, la Compagnia piemontese Niemen, la Compagnia emiliana Ferrari, la Compagnia romagnola Monticelli. Anche in riferimento ad un'altra forma di teatro di animazione, le marionette, che hanno però caratteristiche, rappresentazioni teatrali e pubblico molto diversi rispetto ai burattini, vi sono compagnie attive: si ricordano, solo a titolo di esempio, le famiglie Lupi di Torino e Colla di Milano; non ultimo il complesso contesto del teatro dei Pupi sviluppatosi in Sicilia con varie compagnie che proseguono la tradizione. Le rappresentazioni dei burattini hanno visto, e vedono, la presenza in scena di diversi personaggi caratterizzanti, nati nel corso del tempo, alcuni diffusi in modo pervasivo su tutto il territorio e presenti in varie compagnie e storie, altri affermatesi in ambiti più circoscritti. Figure come Pulcinella, il diavolo, Arlecchino, Brighella sono molto diffuse. Un esempio interessante è il personaggio di Gioppino ovvero Giuseppe di Sanga, maschera di tradizione bergamasca: contadino, nasce a Zanica (BG), figlio di Bortolo Zuccalunga e Maria Scatolera, ha una famiglia numerosa. Vive nel tempo della dominazione francese e austriaca del territorio. Il burattinaio che per primo mosse questa figura fu quasi sicuramente Battaglia (la Baraca del Bataja) a Bergamo tra il 1820 e il 1834. Si caratterizza per la presenza di tre gozzi sotto al mento, comuni a tutta la famiglia, che porta con orgoglio e chiama coralli o granate. Questa peculiarità richiamava una disfunzione della tiroide causata da una alimentazione povera di iodio (pellagra) molto diffusa nel bergamasco. Nelle rappresentazioni si ribella ai soprusi dei potenti e finisce sempre nei guai ma riesce a cavarsela con l’astuzia del contadino e il suo senso di giustizia. È uno dei tanti esempi di come il burattino, nella sua biografia e costruzione scenica, era sempre più una fotografia del proprio pubblico, interpretandone i gusti, i modi di fare, il linguaggio, i problemi e le aspirazioni. La stretta relazione tra personaggi e avvenimenti di cronaca o eventi storici è riscontrabile, ad esempio, nell’introduzione della figura del Moro, un altro personaggio comune in diversi spettacoli di teatro d’animazione. Ispirato probabilmente dal periodo delle spedizioni in Africa, dalle politiche coloniali o dall’esigenza di introdurre nel repertorio elementi esotici a volte stereotipati. Caratterizzato da un viso dipinto di scuro, labbra pronunciate e rosso vivo, vestito di rosso e nero, spesso era animato utilizzando un linguaggio deformato come la sostituzione della lettera “p” con la “b”. Le rappresentazioni romanzesche o fiabesche vedono l’ingresso di personaggi fantastici che catturano l’attenzione soprattutto dei più piccoli come il mago, la strega, la fata. Un altro personaggio interessante è il tutore della legge (carabiniere, gendarme) che ricopre spesso nelle storie un ruolo non principale ma utile per rafforzare la morale della commedia che nella maggior parte dei casi si sviluppa attorno ai binomi “bene e male” o “amore e odio” 
La serie catalogata è parte dell’esposizione permanente del Museo Storico della Giostra e dello Spettacolo Popolare di Bergantino ed è stata acquisita nel 2006 ma era già presente nell’allestimento, in affido temporaneo, dal 2005. Precedentemente la serie era compresa nella collezione privata di Carlo Piccaluga. Tale trascorsa appartenenza rappresenta, da un punto di vista antropologico, un aspetto importante della vita sociale dell’oggetto: da strumento di lavoro inerente alla sfera dello spettacolo viaggiante, attraverso un processo di singolarizzazione, si è rivestito di un particolare valore affettivo per il suo rapporto con determinate persone. Inoltre, proprio grazie alle attività di individuazione, raccolta e custodia del collezionista privato è stato possibile che il suddetto bene non venisse distrutto o disperso ma potesse divenire, in una ulteriore nuova fase della sua vita sociale, un importante elemento per la costruzione della narrazione museale vista la sua rappresentatività: gli spettacoli dei burattini, quasi sempre spettacoli itineranti, sono stati una parte importante della Fiera (seguendo la sua trasformazione da luogo di commercio a occasione di divertimento a Parco di Divertimenti e poi a Luna Park) e più in generale dell’intrattenimento nelle piazze condividendo spesso gli spazi anche con i teatranti della Commedia dell’Arte e il Circo. Carlo Piccaluga era un “viaggiatore”, un esercente di spettacoli viaggianti appartenente a una famiglia piemontese con una lunga tradizione nel settore, in gergo “un dritto”. Pur nell’impossibilità di un confronto diretto con lui (è venuto a mancare nel 2019), la ricerca sul campo presso il Museo ha permesso di ricostruire alcuni aspetti singolari della sua attività di collezionista, attraverso i racconti e le memorie di chi lo ha conosciuto personalmente. Carlo Piccaluga era membro di una delle più antiche dinastie del viaggio che svolgono il loro lavoro tra Piemonte, Lombardia e Liguria. Gli antenati della famiglia (bisnonno e nonno) erano inizialmente pescatori sul fiume Po nella zona di Casale Monferrato. Per integrare il bilancio familiare hanno iniziato l’attività di esercenti di spettacoli itineranti con attrazioni di loro proprietà, divenuta poi il “mestiere” principale della famiglia. Nato in carovana, è sempre vissuto in carovana, uno stile di vita semi nomade che ha influenzato la sua concezione di casa, quotidianità, legame ai luoghi, tempi festivi e tempi del lavoro. La Sala dei Ricordi nasce nel 1997 a Vigone, in un luogo “fermo”, molto amato da Piccaluga perché, nonostante la vita trascorsa in un viaggio senza fine, qui aveva costruito ricordi, amicizie, rapporti duraturi: qui il suo spirito di viaggiatore poteva convivere con una certa stanzialità. La Sala era lo spazio per ospitare oggetti che stava raccogliendo da alcuni anni (nel complesso la raccolta è durata circa quarant’anni), oggetti provenienti dal mondo del Luna Park, del Circo (un contesto di vita parallelo alle fiere e ai Luna Park con cui aveva coltivato rapporti familiari, amicali e di cui serbava cari ricordi), fotografie e documenti (come registri delle spese, richieste di permessi, etc…). Gli oggetti appartenevano alla sua famiglia o erano stati donati, o recuperati perché abbandonati o acquistati ad altri “viaggiatori”. Nelle intenzioni del suo creatore la collezione doveva essere aperta al pubblico per raccontare ai “fermi”, a chi non apparteneva al mondo dello spettacolo itinerante, i “viaggiatori della luna”, ma soprattutto, come suggerisce il nome stesso, la collezione doveva preservare il ricordo dei viaggiatori che non ci sono più: amici, colleghi, familiari e custodirne la memoria. Spesso affermava che all’interno della Sala non si dimentica niente, che lì vivevano le persone che non ci sono più. Questo aspetto, il ricordare, secondo i racconti di chi lo ha conosciuto, era profondamente radicato in lui e rivela l’aspetto più riflessivo della collezione e della scelta dei pezzi: non tanto la bellezza, la rarità dell’oggetto ma la sua capacità di rappresentare le generazioni passate a quelle future, di raccontare. Nella Sala dei Ricordi lui in primis, ma anche altri viaggiatori dello spettacolo, potevano ricordare altri colleghi grazie alla mediazione di alcuni oggetti che li rappresentavano. Un organo da fiera, un burattino, una macchinina dell’autoscontro diventavano espressione di quel determinato viaggiatore o della sua famiglia. Il rapporto tra Piccaluga e il Museo è stato il frutto di una relazione costruita nel tempo e non senza difficoltà. Il Direttore del Museo ha infatti dovuto affrontare e sciogliere alcune frizioni e preconcetti che caratterizzavano i rapporti fra i “dritti”, gli esercenti con una lunga tradizione nel campo dello spettacolo viaggiante e gli esercenti di Bergantino, arrivati sulla “piazza” in tempi più recenti e non considerati dai colleghi “viaggiatori per vocazione di vita” ma solo per scelta lavorativa, rimanendo, in qualche modo, legati alla loro terra di origine e desiderosi di ritornare stanziali. La sensibilità sia del Direttore che di Piccaluga ha permesso di cancellare le incomprensioni, evidenziando invece i valori condivisi come il rispetto per i viaggiatori e l’amore verso il loro mondo, instaurando così un rapporto di affetto e stima reciproca. Con il passare del tempo Piccaluga ha iniziato a pensare al futuro della Sala: la consapevolezza che i figli e i nipoti non coltivavano la sua stessa abnegazione nei confronti della collezione lo ha portato a cercare una collocazione diversa. Dato il particolare legame che aveva instaurato con essi, era restio e dispiaciuto all’idea di separarsene ma avendo imparato a conoscere il Museo, le sue attività e la considerazione che il Direttore rivolgeva ai suoi oggetti, è stato possibile far sì che nell’arco di alcuni anni, tra il 2003 e il 2019, diversi oggetti fossero acquisiti dal Museo confluendo nell’allestimento e caricandosi di nuovi significati in relazione agli aspetti storico e antropologici dello spettacolo viaggiante stabiliti nel progetto museologico. Periodicamente, Piccaluga veniva al Museo e rimaneva a guardarli per molto tempo, era come se andasse a trovare degli amici, per continuare a ricordare insieme i “viaggiatori della luna”, così amavano definirsi i viaggiatori piemontesi e lombardi. La ricerca presso il Museo ha evidenziato qualche ulteriore dettaglio per quanto riguarda la costruzione dei burattini: in generale il legno con cui venivano creati doveva essere leggero e plastico come il cirmolo o il tiglio e doveva essere anche compatto per produrre un suono secco e caratteristico (ad esempio quando si facevano battere le mani del personaggio). I copioni richiedevano spesso scene in cui la testa di alcune maschere era sottoposta a numerose bastonate, questo richiedeva interventi di manutenzione frequenti. Nella serie catalogata, le teste di Pierrot/Pedrolino, Cacciatore e Gioppino presentano più di altre fenditure ed evidenti segni di manutenzione che nel tempo si sono sovrapposti. La veste o camiciotto a cui erano fissate mani e testa del burattino era poi “vestita” con indumenti che caratterizzavano il personaggio. Le fonti orali raccolte riportano che Carlo Piccaluga, al momento dell’acquisizione, aveva riferito che i burattini appartenevano in precedenza al burattinaio Salvatore Niemen. Inoltre ha riferito che gli abiti e indumenti dei vari burattini erano stati confezionati o risistemati dalla Sig.ra Olga Ghisi, ma non è stato chiarito se questo rinnovamento ha coinvolto tutti i personaggi o solo alcuni. I dati raccolti sul campo non consentono nemmeno di stabilire la data di tale intervento e se la signora Olga abbia ripreso nei colori, materiali e nell’estetica precedenti vestiti dei burattini divenuti lisi o danneggiati o se ci siano state delle innovazioni. Se nella serie alcuni personaggi sono identificabili inequivocabilmente grazie a indumenti, attributi e accessori come il Carabiniere con la sua lucerna e pennacchio, il Moro, Gioppino, Arlecchino, il Re, etc…, altri burattini hanno invece caratteristiche più sfumate. È lecito supporre che il burattinaio avesse alcuni burattini che potevano svolgere ruoli diversi adattandosi alle esigenze dei diversi copioni, magari aggiungendo o togliendo un accessorio caratterizzante o costruendo il burattino con elementi più neutri. In quest’ottica, nella serie, il personaggio dell’anziana signora si presta ad essere poliedrico: può rappresentare la nonna saggia, può diventare la “megera” cattiva oppure l’esatto opposto, la vecchietta buona che aiuta il protagonista a seconda delle necessità della storia da rappresentare. Anche il Cacciatore, adattabile a molte fiabe, potrebbe benissimo diventare, anche se sprovvisto di barba, la maschera di Pacì Paciana, anch’essa di tradizione bergamasca, creata ispirandosi a un brigante vissuto in Val Brembana e tradizionalmente amico di Gioppino. Più difficile l’interpretazione del personaggio vestito di bianco a pois e cappello a cono dorato, anche in questo caso non si dispone di notizie sufficientemente certe. Pur tenendo conto dell’eventuale intervento successivo sull’abito, non presenta una caratteristica fondamentale del Pulcinella: il volto, a differenza dell’Arlecchino della serie, non indossa la maschera nera. Potrebbe essere una libera interpretazione della maschera di Pierrot che a sua volta deriverebbe dal personaggio di Pedrolino della Commedia dell’Arte, figura a volte presente nelle rappresentazioni insieme ad Arlecchino 
Serie composta da otto burattini con testa e mani in legno scolpito e dipinto, rappresentanti diversi personaggi: Arlecchino, Pierrot/Pedrolino, Cacciatore, Re, Moro, Gioppino, Nonna, Carabiniere. Ogni burattino presenta una veste in materiale similpelle per infilare la mano dell’operatore e permettergli di animare testa e mani, la veste è coperta da abiti e indumenti di vario tipo caratterizzanti i diversi personaggi. Tutte le mani dei diversi burattini sono piatte, in legno scolpito e dipinto. Arlecchino presenta un abito di stoffa a rombi colorati sulla parte anteriore e monocolore bianco su quella posteriore con colletto bianco in organza. Calza un cappello removibile in cartapesta bianco con pois rosso. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri. La maschera nera, anch’essa dipinta, copre il volto dal naso fino alla parte frontale e parietale. Pierrot/Pedrolino presenta un vestito in stoffa chiara a pois multicolore con un colletto dorato. Calza un cappello conico dorato in cartapesta removibile. La testa in legno è scolpita e dipinta, guance rubiconde, labbra rosso vivo, capelli dipinti e portati con riga da un lato, occhi azzurri. Il Cacciatore presenta una serie di indumenti: vestito in velluto marrone che sulla parte anteriore richiama una giacca, jabot verde, colletto di camicia bianca. Calza un cappello in cartapesta verde removibile. Porta in spalla un fucile in legno scolpito e dipinto con l’aggiunta di una cinghia in cuoio. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi marroni, baffi scuri a manubrio scolpiti e dipinti come pure i capelli. Il Re presenta una serie di indumenti: vestito di colore chiaro, colletto vistoso con pizzo e diadema applicato, mantello di velluto verde scuro con bordo di passamaneria color oro. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, baffi scuri a manubrio, capelli e una corona dorata sempre in legno scolpita e fissa. Il Moro presenta un abito di cotone nero con leggera riga bianca, sulla parte anteriore vi è un inserto bianco, in velluto, per simulare un gilet a due bottoni. Papillon rosso. Il vestito è legato alla testa solo nella parte posteriore del burattino tramite il papillon. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi scuri, volto nero, labbra carnose e rosso vivo. Le mani sono dipinte di nero. Gioppino presenta una serie di indumenti: vestito con sfondo chiaro e sottili righe di vario colore, inserto anteriore per simulare un gilet a due bottoni di colore grigio. Sciarpa al collo sul rosso con disegni e cappello in cartapesta removibile. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, presenta la caratteristica distintiva della maschera, ovvero tre gozzi sotto al mento. La Nonna presenta un vestito color marrone, con un pezzo di stoffa bianca applicato sul davanti per richiamare un grembiule, scialle in tessuto a rete (tipo veletta da cappello). La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi azzurri, bocca in evidenza socchiusa e rosso vivo, naso pronunciato, capelli scuri scolpiti e acconciati con uno chignon, solchi profondi per evidenziare le rughe. Il Carabiniere presenta un abito che richiama diversi elementi della divisa dell’Arma con uno stile compatibile alla datazione del burattino. In panno scuro, nero, con la parte anteriore che richiama la giacca con doppia fila di bottoni applicati, colletto di camicia bianca. Cordellerie varie, mostrine, bandoliera in cuoio bianco. Il tipico copricapo, la lucerna, ha un pennacchio rosso, coccarda tricolore e fiamma simbolo dell’Arma. La testa in legno è scolpita e dipinta, occhi marroni, baffi a manubrio scuri 
Serie di burattini 
Bergantino (RO) 
0500724881 
serie di burattini per rappresentazioni nel contesto dello spettacolo viaggiante, teatro di figura o “dei legni” 
proprietà Ente pubblico territoriale 
legno 
cartapesta 
fibra vegetale 
tecniche varie 
pelle/ artificiale 
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